Dato per assodato che non stiamo parlando del mobile della cucina, possiamo definire una credenza come una sensazione di certezza riguardo a qualcosa o qualcuno (inclusi noi stessi).
Abbiamo credenze riguardo al cibo, riguardo ai nostro amici, riguardo al nostro lavoro e quello degli altri. Un esempio di credenza è: “Il successo è solo una questione di fortuna” piuttosto che “il successo dipende da quanto uno sa impegnarsi”. Una credenza sugli altri può essere: “la gente se può si approfitta del prossimo” oppure “la gente è sempre disposta a dare una mano”. Un esempio di credenza su noi stessi può essere: “Sono una persona che vale” oppure “sono una persona che non vale niente”. Le credenze sono “generalizzazioni” che il nostro cervello, programmato per lavorare in economia (tradotto…è pigro), fa per ottenere risultati veloci basandosi su esperienze passate o su opinioni ricevute da altri.
Lavorando come educatore cinofilo con i cani mi sono convinto (o meglio: ho generato la mia credenza personale, che però funziona) che anche i cani abbiano delle credenze. I cani hanno credenze sul cibo, sugli odori che fiutano, sulle persone (estranee o famigliari), sui luoghi che visitano, sui viaggi in macchina e, soprattutto, hanno credenze su se stessi. Hanno convinzioni che determinate cose, luoghi o persone siano fatti in un certo modo. E che loro siano fatti in un certo modo.
Se un cane viaggia in macchina ed è terrorizzato si formerà la credenza che la macchina è un luogo orribile.
Se un cane è stato molestato da un bambino (e se quella è stata la sua unica esperienza significativa con un bambino, avallata magari da una sgridata ricevuta da un adulto in risposta all’aver ringhiato al bimbo) probabilmente svilupperà la credenza che tutti i bambini siano molesti o pericolosi.
Il cane sviluppa anche credenze sul proprietario. Una relazione basata sul gioco e la fiducia genererà nel cane la credenza che il proprietario sia una persona gradevole, ben disposta verso di lui e di cui ci si può fidare. Viceversa, una relazione basata sulla coercizione (o una non-relazione) svilupperà la credenza nel cane che il proprio umano sia poco affidabile, pericoloso, prepotente. Svilupperà anche una credenza sulla relazione stessa, convincendosi che sia necessario competere per le risorse e che la vita sia una sfida costante per non essere schiacciati.
Il tipo di credenze più decisivo, sia per quanto riguarda gli umani che i cani, sono le credenze su se stessi.
Ci sono cani convinti di essere forti e cani convinti di essere deboli.
Ci sono cani convinti che le proprie (minuscole) dimensioni li rendano vulnerabili e cani convinti che la propria (gigantesca) taglia non basterà a tirarli fuori dai guai.
Ci sono cani convinti di poter riuscire in qualsiasi cosa e cani talmente insicuri di sé da non riuscire a muovere un passo fuori di casa.
Ci sono cani convinti di essere batuffoli innocui e cani convinti di essere pericolosi cani da guardia.
Ci sono cani che credono di poter risolvere ogni problema in una coccola e cani che pensano che ogni questione vada risolta in un’aggressione.
Ho preso volutamente casi limite, ma il succo del discorso è quanto importanti siano queste credenze.
Ogni comportamento, strategia, azione e competenza del cane ha un collegamento diretto con le sue credenze.
La sua capacità di imparare è una conseguenza delle sue credenze.
Il modo in cui passeggia al guinzaglio, il modo in cui si relaziona al mondo, alle persone, agli altri cani, alla propria famiglia? Un risultato delle sue credenze. La sua autostima? Un insieme di credenze su di sé.
Le credenze influenzano le esperienze che il cane vive e le esperienze influenzano, a loro volta, le credenze. A volte si generano veri e propri circoli viziosi (o virtuosi) per cui, ad esempio, un cane che ha la credenza che gli estranei siano pericolosi e che l’unico modo per allontanarli sia aggredire, metterà in essere comportamenti aggressivi. Questi comportamenti aggressivi a loro volta scateneranno la fuga o l’attacco della persona estranea, confermando così la credenza. In una parola le credenze tendono ad auto-confermarsi.
Le credenze non si formano solo sulla base di esperienze (pregiudizi), ma anche sulla base del feedback sociale che il cane osserva nella società (o famiglia) che lo circonda. Un proprietario convinto che il proprio cane sia stupido agevolerà il cane nel formarsi la credenza di non essere all’altezza di apprendere nuovi comportamenti.
Proprietari convinti che il proprio cane sia distruttivo adotteranno precauzioni (di solito volte a confinare il cane) che indurranno nel cane stati ansiosi che lo renderanno ancora più distruttivo.
Esistono credenze limitanti (cioè che deteriorano la qualità di vita di un cane) e credenze potenzianti (cioè che migliorano la qualità di vita di un cane).
Come educatore cinofilo ho riscontrato che la stragrande maggioranza dei comportamenti problematici dei cani sono indotti da un cocktail di credenze limitanti (sia del cane che del proprietario) e che, quasi sempre, cambiando le credenze all’interno della relazione uomo-cane da limitanti in potenzianti, i problemi si risolvono.
La risposta, per quanto mi riguarda, è: assolutamente sì.
Per quanto una credenza sia radicata e/o assurda, può essere cambiata. E’ sicuramente valido per noi umani.
Pensateci un attimo: c’è stato un periodo della nostra vita in cui tutti credevamo con assoluta certezza che in Lapponia esistesse un uomo obeso con barba bianca e vestito rosso, che si faceva chiamare Babbo Natale, che, aiutato da operosi elfi, costruiva giocattoli per i bambini di tutto il mondo. Credevamo anche che in una sola notte, ogni anno, tra il 24 e il 25 dicembre, questo buffo individuo, in sella ad una slitta volante trainata da renne, portasse i doni a tutti i bambini sul pianeta. E tutto ci sembrava, allora, assolutamente sensato, credibile e ragionevole.
Poi qualcosa è successo e quella credenza è cambiata. Abbiamo cominciato a prestare orecchio alle voci di alcuni amici più “scafati” che ci dicevano che quest’uomo non esisteva. Abbiamo cominciato a notare alcuni sospetti indizi che ci davano indicazioni contrarie alla sua esistenza (ad esempio: il fatto che la barba del Babbo Natale che abbiamo incontrato al centro commerciale sembrasse stranamente posticcia…o che avesse l’accento lombardo di Busto Arsizio). Abbiamo cominciato a cercare conferme a questa nuova credenza che si è fatta strada nella nostra mente e alla fine le abbiamo trovate, cambiando così la credenza che avevamo in precedenza.
Allo stesso modo un cane può cambiare le sue credenze.
Sotto la guida di un educatore cinofilo competente un proprietario può innanzitutto cominciare a cambiare le proprie credenze (e quindi i propri comportamenti) nei confronti del proprio cane. Questo (oltre a migliorare notevolmente la relazione) fornisce già una serie di feedback al cane, che mettono in discussione il set di credenze limitanti che aveva.
In secondo luogo è possibile fornire al cane numerosi indizi che la propria credenza (limitante) non è poi così vera o che non è l’unica possibile. Ad esempio: un cane che tira al guinzaglio perché vive la passeggiata come una lotta continua contro quel sacco di patate bipede dall’altra parte del moschettone potrebbe cominciare a vivere una diversa esperienza: che l’umano non competerà continuamente contro di lui per decidere dove andare e che ha ampi margini di libertà di decisione su dove andare, senza necessità di lottare per andarci. Infine, sempre sotto la guida di un educatore cinofilo competente, è possibile far sperimentare al cane situazioni ed esperienze positive, che sostituiscano la convinzione limitante che aveva con una nuova credenza -potenziante- che gli offra diverse e migliori strategie per affrontare il mondo.
Un approccio di questo tipo esclude, in modo categorico, che si faccia ricorso alla coercizione, all’inibizione ed alla violenza. Impone l’empatia come chiave per comprendere il cane e ciò che lo motiva a comportarsi in un certo modo.
Forse Fido non arriverà mai a credere a Babbo Natale.
Ma il lavoro sulle credenze e sulla sua visione del mondo e di sé stesso non potrà che migliorare la qualità della sua vita e contribuire alla sua felicità, che dovrebbe essere il fine ultimo di ogni proprietario di cane. O almeno…così credo.
Namasté.
Marco Benini
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